Una lunga penna nera by Alfio Caruso

Una lunga penna nera by Alfio Caruso

autore:Alfio Caruso [Caruso, Alfio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858522066
editore: Piemme
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


L’aggressione tedesca alla Polonia, il 1° settembre 1939, scatena la guerra. Hitler, al solito, mette Mussolini davanti al fatto compiuto, malgrado avesse concordato di non cominciare le ostilità prima del 1943. L’impreparazione militare obbliga la dittatura alla “non belligeranza”, vista la nostra permanenza nel triplice patto con Germania e Giappone. La riorganizzazione dell’esercito si è risolta in un patetico rimescolamento delle carte: è aumentato il numero delle divisioni, con il trucchetto di ridurle da tre reggimenti a due come quelle alpine, non il numero degli uomini. Tra le penne nere spunta il 12° reggimento, ma i battaglioni sempre ventotto rimangono, quindi ci sono reggimenti che ne contano due e reggimenti che ne contano tre. Lo stesso accade con i gruppi di artiglieria, passati da nove a dieci mantenendo però le stesse batterie. A fine agosto del ’39 scatta la mobilitazione generale. Si richiamano i partecipanti alla Prima guerra mondiale: riceve la cartolina rosa anche il quarantaduenne Beppe Novello.

Le caserme non sono però attrezzate per accogliere una simile marea. In talune città si butta la paglia nei pressi dell’ingresso e lì devono dormire gli ultimi arrivati. Sorgono problemi anche con il vitto: le cucine sono insufficienti, i mulini dell’esercito spesso lontani. Bisogna allora accordarsi con i panifici cittadini, ai quali non pare vero di poter alzare i prezzi. In attesa della regolamentare sistemazione, molte delle reclute per sopravvivere vendono ai civili i farsetti a maglia o i teli tenda appena ricevuti.

Niente è stato fatto per migliorare la qualità dell’armamento e della logistica: i cannoni sono le prede belliche del ’15-’18; i veicoli non reggono il caldo del deserto e il gelo dei climi rigidi; Breda e Beretta sono buoni fucili mitragliatori, purtroppo li producono con eccessiva parsimonia; la mitragliatrice Breda ’37, in sostituzione dell’antiquata Fiat, pare un concentrato di meraviglie ma si rivelerà un mezzo disastro; il fucile è l’eterno ’91; i pezzi controcarro, cioè il 47/32, non hanno, con buona pace di Badoglio, il calibro necessario per affrontare i giganti da venti tonnellate in su; le canne dei mortai si crepano; gli aerei sono ottimi, tuttavia ne servirebbero il doppio. L’autarchia ha comportato uniformi di lana mista, spesso derivata dal latte, che non riparano dal freddo; gli scarponi sono di cartone pressato, si rompono subito, con l’acqua si scollano e in Unione Sovietica saranno la prima causa dei terribili congelamenti; i teli tenda lasciano filtrare l’acqua; il rancio è scadente e spesso non arriva: allora i soldati abbattono i camosci della riserva reale o pescano nei laghi con le bombe. I forti e gli approntamenti difensivi sul versante francese sono stati malamente edificati nel 1938. Il pochissimo tempo a disposizione ha favorito malaffare e corruzione. I raccomandati, le ditte ammanigliate con i ministeri, con i gerarchi locali, con il fascismo di vertice, hanno avuto gli appalti e mai una volta che sia intervenuto un controllo, un’ispezione dell’alto comando. Così diverse fortificazioni sono prive degli impianti di aerazione. Appena si spara, i locali si riempiono di gas e i soldati svengono: sottovoce viene consigliato di mettere le maschere antigas.



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